Thursday, November 03, 2005

Così Google-Base sconvolgerà il mercato dei piccoli annunci

Stavolta è Google fine-di-mondo, come lo scienziato pazzo di "Stranamore" chiamava la megabomba. Se non per tutti, almeno per una buon numero di imprese e categorie industriali: per i concorrenti più diretti - come Craigslist e Yahoo-, per chi si occupa di commercio elettronico - come eBay ed Amazon. E poi per un bel po' di soggetti della "old economy", come si diceva una volta: per gli editori di giornali, per le radio e televisioni locali, per le imprese che prosperano sulle "pagine gialle", per i giornali gratuiti di soli annunci e perfino per la "free press", i giornali formato mini distribuiti gratuitamente in molte grandi città europee ed americane. La minaccia non è teorica: le premesse logiche della tecnologia Google cominciano a maturare. Il frutto avrà un sapore amaro per molti e in breve tempo.

Il nome della bomba, almeno quello provvisorio, è Google-Base. La sua faccia è ancora molto lontana dall'assetto finale, quanto un palazzo ancora avvolto nelle impalcature e senza porte e finestre, al punto di non essere disponibile per il pubblico. Ma a cosa punti lo si capisce subito. Prendiamo uno dei servizi, tra quelli annunciati. La possibilità di inserire su Google l'annuncio di vendita della propria casa, della propria bicicletta o la ricerca di una compagna d'amore per il proprio cagnolino di razza. Tutta roba che è la linfa vitale per le imprese editoriali che abbiamo elencato e che negli Stati Uniti rappresenta un mercato da 90 miliardi di dollari. E a questo che punta la "Grande G", su questi soldi, ed a toglierli dalle mani di chi in questo momento li incassa.

Se qualcuno pensa che il disegno sia "solo americano", si sbaglia di grosso. Nella schermata di collaudo che molti utenti "smart" sono riusciti a visualizzare, il servizio di Google era già tarato su tre mercati linguistici: inglese USA, inglese britannico e tedesco. Realizzare le versioni in altre lingue non sarà certo un ostacolo proibitivo, una volta che il modello di business abbia dimostrato di funzionare. "Quando" lo farà, dipende dai numeri che metterà insieme.

Si può ragionevolmente ipotizzare, conoscendo la logica Google, che la "massa critica" i californiani pensino di raggiungerla promuovendo non singole edizioni locali, ma una diffusione a tappeto del servizio. Anche perché la portata non strettamente locale può essere un valore aggiunto: per esempio nel caso di coloro che vendono.

La "localizzazione", più che a operazioni di marketing radicato territorialmente, verrà poi affidata alla potenza dei filtri del motore. Se digito "Panda usate Roma" avrò tutte le offerte di questo tipo di auto per le quali è stato fatto un annuncio nella zona di Roma. Ma Google può fare molto meglio di questo misero scenario.

L'allarme è tanto concreto che nel giorno, il 25 ottobre, in cui è trapelata la notizia, il titolo di eBay alla borsa di New York ha perso il 3,86% , come prima valutazione delle perdite che la società di aste e comercio elettronico on line potrebbe ricevere dall'iniziativa di Google. In realtà i danni, per i player internet, si prospettano da subito devastanti e ben più ampi di così. Poi verranno quelli della "old economy". Per loro il rischio avrà in un primo momento la faccia della buona opportunità di business.

Per penetrare nei mercati locali Google avrà bisogno di allearsi ai "brand forti", a quelli che il mercato ce l'hanno in mano - il giornale locale senza avversari sulla piazza o il giornale di soli annunci e di grande successo che tutti conoscono da venti anni e più nella città dove sono nati. In un primo momento l'offerta di Google si presenterà come una condivisione di forze con gli operatori consolidati del mercato. Ci sarà anche l'idea di dividersi i ricavi, come in questo momento avviene con le ricerche di Google lanciate dai siti di singoli player. Poi, pian piano, gli "ultracorpi" di Google cominceranno a penetrare la società locale e i modelli d'uso degli utenti.

Non è necessario che tutto finisca nel rogo dei business già esistenti, anche perché ogni strategia tecnologica può trovare i suoi intoppi, ma la minaccia non potrebbe essere più grave, perché, nel frattempo, ciò che Google lancerà per conto suo sarà un approccio totalizzante al rapporto utente/motore. Mentre nel giornale di annunci o su quello locale, il privato si limita a pubblicizzare un business momentaneo o su base regolare, Google Base diventerà lentamente una sorta di casa virtuale per l'utente. Tutto, la vita privata e le attività pubbliche, dalle foto dell'ultima vacanza alla tv usata, dai fondi di magazzino ad una partita di nuovi giacconi comprati in oriente, tutto potrà essere venduto attraverso il "mercagoogle". Che proprio perché crea una relazione viva e attiva con l'utente, fondata sulla gratuità, punterà a diventare un luogo di "possesso" dell'utente un po' come oggi accade per le compagnie telefoniche, che di noi sanno tutto e tutto vedono.

Scenario apocalittico? Forse. Ma questo è il gioco giocato dai ragazzi terribili di Mountain View. E che tutto accada in America, è solo una consolazione momentanea ed effimera.

(31 ottobre 2005)